La caduta del dio Conte

Apro questa riflessione spiegando che quel rifiuto umano non è ne re ne dio, è solo un buffone che si è arrogato il diritto di decidere per noi. Ma chi glielo ha concesso? Un rifiuto andrebbe buttato nell’umido e questa è la fine che, meritatamente, lo attende.

Questa parodia di governo adesso si arroga pure il diritto di discutere su materie appartenenti alla teologia. Quando nascerà Cristo, il vero senso del Natale… Così tanto bravi a parlar di cose che non li riguardano tanto quanto lo sono a ignorare i temi di loro competenza. Sommo profeta Giuseppe Conte quando ci libererai dalla tua presenza? E quando il tuo governo di incapaci se ne tornerà a vender bibite o a far qualsiasi altra cosa facessero prima?

Sommo e altissimo re di nessuno quando vedremo te soffrire come tu, o divino, stai facendo soffrire noi cittadini? Il prezzo che tu dovresti pagare dovrebbe essere uguale a quello che ogni singola persona ha pagato a causa tua. Nessuna lingua basterebbe a riassumere quanto hai fatto, ma ci provo: hai distrutto il paese più bello del mondo, ti sei arricchito alle nostre spalle e ci hai privato di ogni diritto.

Che tu sia maledetto! Possa tu soffrire, possa ogni cosa a te cara esser distrutta e inabissata nell’oblio della memoria. Perché quello che hai fatto a noi non è degno di esser ricordato, sarà dimenticato con la tua scomparsa e solo dopo la tua fine e sofferenza. Possa tu esser dilaniato dal dolore, nella speranza che tu finisca in miseria e dimenticato da tutti coloro che ti hanno adulato. E possa tu marcire in qualche fosso insieme a tutti i tuoi vassalli.

Ti sei sentito re. Ti sei sentito un dio. Ma non vali nulla e il nulla ti attende. Che possa un giorno ogni italiano vederti sul ciglio di una strada a chiedere una moneta in cerca di un tozzo di pane, che possa ogni cittadino vederti implorare per un contatto umano che ci hai negato per mesi, che possa ogni persona brindare, in gruppo, alla tua fine. Che possa un giorno l’Italia esser libera dalla tua tirannia!

Che venga imposto il coprifuoco ad ogni persona che voglia piangerti, che il tuo funerale sia al chiuso e vietato a ogni parente, che tu possa non trovare mai pace in nessun aldilà.

Siamo all’inferno?

L’inferno altro non è che la perdita della speranza, noi non ne abbiamo più. A noi purtroppo resta Speranza: un inutile chiusurista che forse ha avuto il 3% di voti al suo partito e vale così poco che nemmeno una nullità come me perderà tempo a parlarne.

Conte ci ha tolto tutto e se a maggio potevamo pensare – non userò più quella parola che evoca un personaggio tanto squallido e inutile – che ci saremmo potuti riscattare dopo mesi di sofferenza, adesso che paghiamo per colpe di persone strapagate e veniamo colpevolizzati, non c’è più nemmeno la possibilità di un riscatto, di una vita degna. Conte, nel suo delirio di onnipotenza, ci ha tolto tutto.

Bene, parlano di negazionisti. Chiunque si opponga al re è definito negazionista. Allora stiamo dicendo che questo virus sia come l’olocausto e che quindi, di pari passo, chi ne ha la colpa è pari al regime nazista? Per coerenza allora io pretendo che Conte e la sua compagnia di inutili vengano processati a Norimberga per crimini contro l’umanità.

Conte ci ha portato all’Inferno, gliela facciamo passare liscia? Non dimentichiamo i suoi deliri della scorsa primavera, in cui diceva “concediamo” come se la nostra libertà fosse di suo possesso e lui potesse negarcela a piacimento. E ora sarebbe colpa degli italiani? Deve pagare e deve pagare caro il nostro caro re. Un re senza corona e con un delirio di grandezza che farebbe impallidire persino Cesare. Tra quanto scriverà le sue stesse memorie il nostro caro re? Così bravo ad autocelebrarsi… Ma non ha capito una cosa, Conte non è il dittatore romano che prende il potere per un anno quando lo stato è in crisi. Non lo è.

Ricordo quando potevamo uscire di casa senza esser delinquenti, quando le forze dell’ordine cercavano per le vie chi infrangeva la legge e non chiunque violasse il coprifuoco. Ne vogliamo parlare? Il coprifuoco lo fanno i regimi, non le democrazie. Che cavolo cambia dalle 22 alle 24 o viceversa se la legge reale impone la chiusura di tutto già alle 18 se non per asporto? Che già non ha senso, ma magari un giorno ci darà lo studio scientifico che dimostra il contrario.

Non c’è logica in questi provvedimenti, non ha senso commentare cose fatte da persone in evidente stato di alterazione. Mi limito ad augurarmi che il re perda la libertà e che venga processato per i danni causati ai cittadini. Se c’è giustizia accadrà, ma non c’è giustizia. Che giustizia vuole esserci se l’amministra DJ FoFo? Forse quella divina, sogno.

Difendiamo il nostro sogno!

C’è stato un sogno una volta che era Roma lo si poteva soltanto sussurrare, ogni cosa più forte di un sospiro l’avrebbe fatto svanire, era così fragile. Io temo che non sopravvivrà all’inverno.

Questa citazione tratta dal film Il Gladiatore riassume in pieno il mio pensiero attuale. Cosa resterà dopo questo glorioso teatrino? Un governo ha il potere di decidere chi deve vivere e chi deve morire? Il ristoratore vale meno del dipendente pubblico?

Il re dovrebbe rispondere a queste domande e magari spiegarci il perché delle sue scelte, invece adesso il re si è trasformato in Dio e pretende da noi un atto di fede. Dovremmo credere a ogni singola parola senza poter vedere lo studio scientifico che giustifica questi decreti reali? No grazie, maestà.

I comuni mortali pagheranno il prezzo della negligenza di questi pezzenti arricchiti, che troppo rapidamente hanno dimenticato cosa significhi dover lavorare per vivere, studiare per costruirsi un futuro, sudare per guadagnarsi una briciola di ciò che hanno invece quelli che nascono nel privilegio.

L’altezzosità di questo finto re e dei suoi noti vassalli è la cosa che più dovrebbe ferirci. Ma come si permettono di definire “non essenziale” il lavoro altrui? Quando è evidente che gli unici inutili sono proprio loro. Che hanno fatto per prevenire la situazione attuale? Troppo facile criminalizzare i cittadini e usare le forze dell’ordine come braccio armato del regime. Dobbiamo opporci a questa follia.

Smettiamola di prendercela gli uni con gli altri in questa patetica guerra dei poveri. Se la palestra chiude non è colpa del barista e viceversa. La gente perde il lavoro per colpa del governo, non per colpa del commerciante dirimpettaio. Non facciamo il loro gioco, anzi uniamoci.

Uniamoci e difendiamo il nostro sogno. Il sogno di una vita che sia degna di esser chiamata tale e non di una mera sopravvivenza in attesa che il re ci liberi. Il sogno di una città colma di vita e non di un deserto di cemento, tappezzato di ricordi dove presto ci sarà solo il vuoto. Il sogno dell’Italia e di Roma, il sogno della bellezza.

Concludo con una semicitazione dello stesso film con cui ho iniziato, ma leggermente modificata per dedicarla al grande re: Il tempo degli onori presto sarà finito per te, avvocato.

Caro re, j’accuse!

Negli ultimi mesi avevo smesso di esprimere i mei pensieri su questo blog. Ho pensato che finché ne avessi avuto la possibilità avrei preferito godermi l’aria fresca – più o meno dato che era estate. Ma adesso stiamo davvero esagerando, la deriva autoritaria che ha preso questo governo diventa sempre più inquietante. C’è da aver paura.

Non mi fraintendete, so bene che più o meno a nessuno frega niente di quello che pensa un normale cittadino. Bene o male finché non diventiamo troppo fastidiosi ronzando nell’orecchio di qualcuno ci ignorano, altrimenti ci schiacciano. Siamo come giocattoli in mano a un re che gioca a fare Dio con le nostre vite. Ma come dice una canzone di una band chiamata I Ministri: “Tanto vale provarci comunque”.

Non abbiamo ancora la certezza di quanto accadrà, ma sappiamo bene cosa abbiamo vissuto fino ad ora. Che saranno le 22 o le 24 poco importa, che ci farà stare in piedi in piazza o meno anche. Ci hanno tolto la libertà. Ce l’hanno tolta perché glielo abbiamo lasciato fare, perché ancora troppa gente resta chiusa in casa a guardar male tutti gli altri. E se ne approfittano. Stando alle possibili limitazioni previste dal nuovo dpcm sorgono spontanee alcune considerazioni:

  1. Il re decide chi vive e chi muore? La chiusura anticipata di locali serali, questo presunto “coprifuoco” – caratteristico di regimi non proprio democratici come quello che ci governa e il suo modello di riferimento – distruggerebbe il settore della ristorazione. Persone già in difficoltà, oppresse dalle misure restrittive presenti in Italia da fine febbraio, dopo mesi di chiusura forzata, si vedranno attaccati negli orari di maggior guadagno? Saranno immolati sull’altare del virus, sacrificati affinché qualcuno (il governo) possa continuare a sopravvivere? Certo che no: baretti, pub, pizzerie e altre attività simili non hanno più clientela nelle sere di weekend, pagheranno tasse e affitti con gli affezionati clienti della domenica mattina.
  2. I giovani sono il futuro o il male di questa nazione? Dopo averci privato del diritto allo studio, del diritto al lavoro e della possibilità, sempre più remota, di costruirci un futuro adesso ci vogliono togliere anche la possibilità di “divertirci”. Perché ormai è chiaro, noi giovani siamo delle merde che osano uscire all’aperto condannando a morte milioni di persone. Siamo degli egoisti che non vogliono sacrificarsi per il bene dell’umanità. Siamo dei superficiali, dopo una giornata intera in casa a studiare da un pc non riusciamo nemmeno a restare una sera intera in casa a guardare gli amici via webcam? Lo sanno tutti che restare tutto il giorno chiusi in casa, guardando uno schermo digitale è la cosa migliore per la salute, non scherziamo.
  3. Vogliono davvero tutelare la salute dei cittadini? Siamo abituati a sentirci dire che finché c’è la salute c’è tutto. Bene, allora parliamone. Esiste solo il covid? A guardare il modo in cui il governo si comporta verrebbe da pensare che ogni altra patologia sia stata debellata. Mi sembra già di sentire la risposta di qualche sceriffetto “chiedilo a un estubato” Forse lo farò. Voi però chiedete al re perché – dato che sono tanto accorti verso i polmoni altrui – continuano a permettere la vendita di sigarette. Perché ci guadagnano un sacco di soldi! Dato che affermano di poter privare i cittadini delle libertà personali in nome della salute che almeno siano coerenti. Per non parlare poi del benessere psicologico delle persone: ogni commerciante deve convivere con questa spada di Damocle che pende sulla sua testa; i giovani devono starsi chiusi in casa tutto il giorno a grattarsi; tutti devono vivere nel terrore. Questo fa bene alla salute, caro re?
  4. La colpa è dei cittadini o del governo? Ogni giorno a ogni ora sentiamo qualche fenomeno che ci spiega come noi cittadini siamo dei dementi e perciò ci meritiamo ogni singola vessazione che ci viene inflitta dal re e dai suoi vassalli. Loro sono così bravi che avevano risolto tutto, ma noi poveri idioti abbiamo rovinato il loro eroico lavoro. Beh, c’è un virus? Tutti chiusi in casa. L’università ha troppi iscritti? Chiusa. Soluzioni così complesse che hanno dovuto riunire tutti i luminari della nazione per elaborarle. Però ci hanno concesso una cosa: possiamo ammassarci in un mezzo pubblico. Il virus non è pericoloso in tutto ciò che dovrebbe esser gestito dal governo, comune etc., è nelle attività dei privati che si annida pronto ad infettare. Quindi coprono la loro incapacità organizzativa aumentando la capienza dove li pare e poi bastonano cittadini che hanno investito il lavoro di una vita all’interno di un locale. O il virus è contro il capitalismo oppure c’è qualcosa di incoerente nelle restrizioni del governo.

Non continuo il lungo elenco perché ci sarebbe ancora troppo da aggiungere. Sulle scuole è meglio stendere un velo pietoso, per ora. L’incoerenza di questo governo è evidente. L’indifferenza verso i cittadini anche. Il re potrà anche metterci la museruola e impedirci di scendere in piazza, ma svelerà la sua vera natura impedendoci anche di esprimere le nostre idee online? Perché ormai la vita sociale è morta, ci resta solo un mondo virtuale e distanziato. EVVIVA IL RE!

Il tempo che ci hanno rubato

Il tempo è un vero conquistatore, gli uomini più potenti mai esistiti e i grandi imperi sono stati distrutti dal suo lento scorrere. Il tempo è tutto ciò che abbiamo ma non possiamo controllarlo, possiamo solo viverlo. C’è chi ha più tempo e chi ne ha di meno. Neanche la persona più ricca del pianeta può comprarne altro quando lo finisce.

L’orologio scorre anche se il mondo è fermo. Inarrestabile. Il tempo è stata l’ossessione dei grandi filosofi e letterati, la paura dell’oblio, l’esser dimenticati quando quello che abbiamo a disposizione sarà terminato. Il tempo è il nostro bene più prezioso e nessuno ha il diritto di portarcelo via!

Eppure, qualcuno l’ha fatto. Qualcuno si è arrogato il diritto di mettere in pausa le nostre vite per mesi. E noi siamo rimasti bloccati, chiusi nella paura del virus o delle ripercussioni a cui saremmo andati incontro se avessimo osato riprenderci la nostra libertà, anche per pochi minuti al giorno.

Noi siamo rimasti bloccati ma il tempo no. E così abbiamo perso una primavera, abbiamo perso i nostri progetti, abbiamo perso tutto ciò che siamo. Molti avranno perso la loro ultima primavera, l’ultima Pasqua che avrebbero preferito passare in famiglia piuttosto che chiusi in casa. La possibilità di godersi gli affetti, di riguardare un posto amato per l’ultima volta. La piacevole brezza primaverile prima del caldo estivo, l’odore dei fiori che iniziano a sbocciare.

Molti diranno “ma almeno sono vivi”, come se uscire di casa fosse una certezza di morte. Altri diranno “bisogna rispettare i morti”, come se andare avanti con la propria vita sia un’offesa a chi ci ha lasciato. L’unica certezza è che quel tempo rubato non potrà mai esserci restituito. La primavera 2020 non tornerà, è andata perduta insieme ai sacrifici di milioni di cittadini che hanno perso tutto.

Il tempo che ci è stato tolto in nome della paura e dell’opportunismo resterà come una ferita aperta nelle nostre vite fino al nostro ultimo secondo. Perché il tempo non può comprarlo nessuno, non è possibile regalarne altro a chi l’ha finito e soprattutto nessuno ha il diritto di scegliere di privarcene, nemmeno il re Conte.

L’Italia degli sceriffi con il distintivo.

In questi giorni stiamo vedendo un vero e proprio attacco a quella che è definita “movida”, perché a dire degli sceriffi è un male assoluto che porterà inevitabilmente allla seconda ondata e quindi a un nuovo lockdown. Branchi di incoscienti italiani che osano fare aperitivo o incontrarsi di sera.

Questa è la nuova frontiera della folle lotta contro i cittadini che si illudono di esser liberi. E in questa nuova battaglia bar, pub e altri locali che vivono e guadagnano grazie a queste persone sono considerati un semplice danno collaterale. Perché forse non ci hanno pensato o non li importa affatto che se la gente non potrà uscire le attività commerciali che hanno appena riaperto abbasseranno le serrande, stavolta per sempre.

La lotta contro la movida è un evergreen a pensarci bene, residenti che lottano per far chiudere i baretti in cui si radunano i più giovani non sono una novità. Perché ora questa lotta è tornata prepotentemente sulla scena ed è portata avanti con più vigore di prima? Forse bisognava solo creare ad arte un nuovo nemico per gli sceriffi? La movida è pericolosissima, quindi istituiamo il coprifuoco come un regime e facciamo morire di fame tutti i negozianti. Volete questo?

Sono sempre più convinto che questi sceriffi vivano male e continuo a non capire perché il governo fomenti quest’odio assurdo. Ora praticamente vogliono dare pure il distintivo a questi sceriffetti e chiamarli assistenti civici… Già immagino battaglioni di sceriffi che difendono le strade dagli untori, una trama degna dei peggiori b movie.

Concludo questa riflessione raccontando una cosa che ho visto: vigili urbani che girano con l’auto-parlante per cacciare dei bambini che giocano in un’aiuola. Dopo aver demonizzato runner, anziani, padroni dei cani e giovani che osano fare aperitivo, come se non bastasse impediscono addirittura ai bambini di giocare. Forse pure i bambini che giocano e si divertono sono considerati “movida”? Allora l’unica cosa consentita sarà stare sul balcone o alla finestra e amministrare la giustizia sceriffesca a colpi di telefonate alle autorità?

Lo chiedo ancora, è questo il mondo che volete?

Buon 18 maggio sceriffi.

Oggi è il primo giorno in cui finalmente si DOVREBBE poter uscire senza la preoccupazione di esser braccati e trattati come criminali, colpevoli di aver respirato aria fresca. Nel momento in cui scrivo questa riflessione sono passate circa 16 ore dall’inizio del fatidico giorno.

Basta aprire i social per leggere i soliti commenti che da oltre due mesi infestano le bacheche di ognuno di noi: “E ma vedrete come aumenteranno i contagi tra 2 settimane!”, “gli italiani non rispettano le regole!”, “per colpa degli incivili ci richiuderanno tutti in casa!” etc.

Mi chiedo quanto vivano male queste persone, appostate in un parco o fuori a un bar, armate di telefonino e pronte a filmare per mettere alla berlina gli italiani malvagi. Se andate in un parco non riuscite a godervi l’odore della primavera? Se vi fermate davanti a un locale solo per mostrare al mondo che siete gli unici giusti e che tutto il resto della città non rispetta le regole, le vostre regole personali oltretutto, perché non ve ne tornate a casa e lasciate il posto a qualcuno che è interessato a fare la fila, ad acquistare, a vivere senza rompere a nessuno?

Possibile che ad alcuni sia piaciuto così tanto questo lockdown da esser scontenti che l’Italia riparta oggi? Possibile che qualcuno faccia il tifo per una ripresa dei contagi? Possibile che questa gente goda quando un’attività commerciale chiude?

Il problema è che questa cattiveria gratuita adesso è giustificata da troppi politici e personaggi pubblici. Se c’è una categoria che non risentirà di questa crisi sicuramente è quella degli “sceriffi da balcone”, che purtroppo ora sono pure tornati nelle strade. Perché loro possono, loro sono belli e giusti e unici detentori delle qualità che ci distinguono come persone civili. E figuriamoci che avremmo dovuto uscirne migliori…

Buon 18 maggio sceriffi.

 

 

A fine emergenza saremo davvero “migliori”?

Ormai da mesi siamo alle prese con l’emergenza sanitaria e una delle immagini più utilizzate è “l’uscirne migliori”, più uniti e compatti: più umani. Siamo sicuri che andrà così?

Molte persone hanno riscoperto il valore della fratellanza, della solidarietà verso chi si è trovato in difficoltà. Abbiamo visto bei gesti, aiuti concreti e letto troppe belle parole a cui dopo non sono corrisposte azioni.

Ma abbiamo anche visto troppi sceriffi da balcone, in agguato, pronti a segnalare qualsiasi pericoloso cittadino intento a compiere atti indicibili come passeggiare. Fomentati da uno strano senso della giustizia sorvegliano le nostre strade e ci proteggono dal “nemico invisibile”, perché può essere in ognuno di noi, allora tanto vale sospettare di tutti ed esser pronti a trovare l’untore che si aggira per le città italiane.

A fine emergenza saremo davvero migliori? Io non credo a questa favola raccontata per farci dormire bene. Una storiella che ci ripetono per farci credere che questa situazione assurda sia una specie di prova, perché dobbiamo meritarci di poter andare al parco, di incontrare i nostri familiari: chi giudica se siamo bravi o no? Con che coscienza alcuni politici appaiono in tv o in diretta sui social e incitano la folla al grido di “sceriffi di tutta Italia unitevi”, ma non voglio certamente rischiare di suggerire questo slogan, perché ci siamo tristemente vicini. Ma qui ci vorrebbe una lunga parentesi… mi chiedo solo: come può esser migliore rispetto a prima chi ha vissuto carico di cattiveria, rabbia e invidia gli ultimi mesi?

Quando sceriffi e segnalati si rivedranno in un ristorante, un cinema o qualsiasi altro luogo che ormai ci sembra il simbolo della normalità, che abbiamo dato per scontato perché ci sembrava impossibile che proprio noi perdessimo la libertà, si saluteranno cordialmente e dimenticheranno quello che è successo?

Come può uscirne migliore chi disprezza i propri concittadini, ritenendoli causa di ogni male? Perché ovviamente se qualche scellerato ci ha chiusi in casa, privandoci di ogni libertà, la colpa è del vicino o del signore che osa portare il cane a fare i bisogni più di 3 volte al giorno, non certamente degli scellerati che l’hanno fatto. Per quanto ancora dovremo sorbirci il falso mito dell’umanità?

Abbiamo mostrato tutta la nostra ipocrisia e cattiveria, difficile credere che ne usciremo migliori… ma siamo sicuri che a fine emergenza non saremo peggiori?

Roma soffre

Per Roma la strada deserta soffre:

non più riparo né emozioni offre,

solo fantasmi legati al passato

piangono ora un popolo sfortunato.

 

La guerra è finita, loro hanno detto,

questo ricordo tenetelo stretto, 

l’eterna città piegata e ferita

sta morendo, questa guerra è finita. 

 

Solo un sole deluso Roma osserva,

la grande bellezza ridotta a serva,

non c’è nessuno, non c’è più rumore.

 

Roma è sola, non sopporta il dolore, 

soffre la Lupa a causa del nemico:

Raggi ha fatto più danni di Alarico. 

L’ultima missione – capitolo IX: gelosia.

Achille e Karl avevano studiato alla perfezione il luogo dove avrebbero voluto condurre Yanker, perciò ora erano pronti per chiamarlo.

Karl si accorse che il suo informatico non era lì presente, quindi si voltò verso i suoi compagni e chiese: «Dov’è Gerard?»

«Non lo so, Karl. Non sono mica il suo babysitter. Prima ha detto che usciva, quindi sarà andato in centro a prendere qualcosa. Ha quasi trenta chili di troppo… È normale che sia lento.» rispose Achille sorridendo.

Alla battuta del compagno, il capo della squadra si lasciò scappare una piccola risata e poi ritornò serio.

«Non importa, ha lasciato quello che gli avevamo chiesto. Ora siamo pronti per chiamare Yanker.»

Mentre i soldati ridevano per la battuta di Achille, Orfeo iniziò a preoccuparsi: “Quell’informatico mi rema contro da quando sono arrivato. È meglio per lui che non stia tramando niente contro di me, altrimenti farò in modo che se ne penta amaramente.”

Karl iniziò a dare ordini ai suoi uomini.

«Achille ed Orfeo andranno a cercare una cabina telefonica in città, dalla quale chiameranno Yanker. Io ed Amanda, invece, andremo al luogo dell’incontro, per prepararci. Porteremo con noi il bambino.»

Orfeo rimase in silenzio.

“Meglio lasciare che sia Karl a dare indicazioni.”

Dopo aver sentito le parole del capo tutti eseguirono gli ordini.

Gerard, intanto, stava elaborando un piano per liberarsi del suo rivale.

“Non posso competere con quel ragazzo. È più giovane di me, ha un fisico più atletico ed ha ancora tutti i capelli. Amanda sembra essersi invaghita di lui ed io devo impedirle di commettere un errore!”

L’informatico raggiunse la sua meta, la casa di Yanker, e bussò al portone centrale. Subito venne accerchiato da cinque guardie armate, ma disse: «Non sparate! Portatemi dal signor Yanker e lo aiuterò a trovare suo figlio.»

Le guardie perquisirono Gerard, gli legarono le mani e lo portarono in casa. Pochi minuti dopo Yanker lo raggiunse correndo e gli slegò le mani.

«Perdona i miei uomini, sono molto tesi per via degli ultimi avvenimenti. Ti prego, se sai dove si trova mio figlio aiutami a trovarlo. Ti darò tutto quello che vuoi.»

L’informatico propose un patto al politico: «Rapire quel bambino è un crimine orrendo, che solo un uomo folle come Orfeo Negerev avrebbe potuto commettere. Ti dirò dove trovare il bambino, ma in cambio voglio due passaporti, uno per me ed uno per una mia amica, ed una proprietà in Francia.»

Yanker rispose subito: «Accetto!», allora Gerard continuò: «I rapitori sono quattro e sono armati. Hanno portato il bambino in una strada isolata ad ovest dell’isola, all’interno del bosco. Vi mostrerò il punto preciso sulla mappa. È tutto un piano di Orfeo, quindi non uccidete gli altri. Eliminate quel ragazzo e tutti si arrenderanno.»

Yanker strinse la mano al suo alleato e poi disse: «Domani un mio uomo ti consegnerà quello che hai chiesto, presentati all’aeroporto all’alba.», poi radunò tutti i suoi uomini per andare a riprendersi il bambino.

Gerard uscì dall’abitazione di quel politico ed iniziò a pensare: “Ho fatto la scelta giusta: è così che salverò Amanda. Karl ed Achille non si accorgeranno di nulla e quel ragazzino arrogante di Orfeo farà la fine che merita. Sono nella squadra di Karl da quattro anni, da quando mi salvò da quegli agenti corrotti a cui avevo svuotato il conto in banca, dal mio computer. Eppure, il mio capo non mi ha mai incoraggiato o ringraziato. Gli interessa solo di Achille, il suo soldato prediletto. Da oggi cambierò vita e salverò Amanda, così mi sarà riconoscente.”

L’informatico ormai era pronto ad andare fino in fondo.

Achille ed Orfeo raggiunsero una cabina telefonica, nel centro della città, e chiamarono Yanker.

«Abbiamo preso tuo figlio, ma non gli faremo del male… Se ti presenterai in un luogo scelto da noi a mezzanotte. Preleva un milione in contanti e portalo con te. Vieni da solo e non fare scherzi, altrimenti sarà tuo figlio a pagare per te. Se accetterai ti invieremo le coordinate del luogo stabilito mezz’ora prima dell’incontro.»

Yanker rispose prontamente: «Accetto! Porterò quello che avete chiesto.»

Orfeo sentì la risposta del politico ed iniziò a pensare: “Ha accettato senza esitare, senza nemmeno voler ascoltare la voce di suo figlio, come se aspettasse questa chiamata. Questa cosa non mi piace, spero che tutto vada bene, altrimenti il bambino sarà in serio pericolo!”. Anche Achille rimase molto sorpreso dalla breve durata di quella negoziazione: “Lo ha convinto in meno di due minuti. Questa situazione è molto strana.” Però, nonostante le loro perplessità, raggiunsero Karl ed Amanda, nel posto in cui avrebbero dovuto incontrare Yanker.

Mentre aspettavano in quella buia stazione di servizio abbandonata, situata all’interno di un bosco, Achille chiese ad Orfeo: «A cosa serve questa costruzione abbandonata? È un sentiero che non porta da nessuna parte, quindi perché hanno costruito questo bar e questo distributore di benzina?», ed il ragazzo rispose: «Prima qui c’era un covo di ribelli, che usava questa stazione di servizio come copertura. Il precedente governatore, Valerio, venne a conoscenza della loro esistenza ed inviò la mia squadra ad eliminarli tutti. Nessuno viene qui da almeno cinque anni. All’interno dell’isola ci sono molti posti simili, usati come copertura per qualcosa di illegale: compreso il magazzino dove vi ho fatto rifugiare.»

Però il racconto di Orfeo venne interrotto dal rumore di un’automobile.

Karl esclamò: «Manca ancora più di mezz’ora all’incontro e non abbiamo comunicato il luogo. Non so chi sia, ma prendete subito posizione.»

L’auto raggiunse quel luogo abbandonato e si fermò nel vecchio parcheggio. Si aprì lo sportello e scese Gerard.

I membri della squadra abbassarono le armi e l’informatico si giustificò: «Sono andato al magazzino e non vi ho trovati, quindi ho preso la macchina e sono venuto a cercarvi qui.»

L’informatico si avvicinò ad Amanda e disse: «Devo dirti una cosa. Potresti venire con me da quella parte?» e la ragazza annuì con la testa. Gerard condusse la soldatessa sul retro della struttura.

Orfeo teneva lo sguardo fisso su Gerard, per osservare il suo comportamento.

“Sembra nervoso. Guarda l’orologio ogni dieci secondi e poi si guarda intorno. Sta tramando qualcosa ne sono convinto!”, pensò il ragazzo.

Però Orfeo era concentrato sulla sua missione, quindi mantenne la posizione e non seguì Amanda e Gerard sul retro della struttura.

L’informatico disse alla ragazza: «Dobbiamo andarcene da qui! Ho intercettato una telefonata di Yanker e so che sta venendo qui con molti uomini.», ma lei sorrise e rispose: «Non c’è problema. Abbiamo affrontato situazione peggiori, senza Orfeo. Ora siamo più forti.»

«Non capisci, Amanda. Sanno che siamo qui e stanno venendo a riprendersi il bambino. Andiamocene subito, così potremo rifarci una vita insieme!»

Amanda ascoltò le parole del suo amico e rimase molto sorpresa, poi cambiò espressione facciale e chiese: «Come fanno a sapere dove siamo?», poi mise la mano sulla pistola e continuò: «Dove sei stato prima di venire qui, Gerard? Ti prego, non dirmi che ci hai traditi!», ma la conversazione venne interrotta dall’arrivo di una vettura. Allora la soldatessa corse dai suoi compagni, per avvertirli dell’imminente pericolo, mentre Gerard si inginocchiò, disperato, con le mani davanti agli occhi.

Orfeo, Karl ed Achille avevano visto arrivare il nemico, grazie alle luci della sua macchina.

Yanker parcheggiò la sua auto a dieci metri da quella dei rapitori e poi uscì, sotto la pioggia battente, con una valigetta.

Orfeo, che aveva indossato il passamontagna, chiese: «Hai portato quello che ti abbiamo chiesto?»

«Si! Vi lascio la valigetta a metà strada, però voi mandatemi mio figlio.» rispose il politico, che aveva saggiamente lasciato la macchina accesa.

Karl fece un cenno con la testa ad Achille, che aprì lo sportello per far scendere il bambino.

Prima che il soldato potesse far uscire il bambino, Amanda gridò: «Fermo, è una trappola!», ma subito i nemici iniziarono a sparare.

Accecati dai fari della macchina di Yanker, i rapitori non si erano accorti che una decina di soldati si erano nascosti tra gli alberi del bosco.

Karl si trovava al centro tra la sua macchina e quella del politico, quindi venne colpito per primo al petto e cadde.

Orfeo, che si trovava accanto al capo della squadra, si accorse che era ancora vivo e lo trascinò dietro il distributore di benzina.

Achille entrò in macchina e fuggì, per portare in salvo il bambino, come aveva segretamente concordato con Karl.

Amanda rimase da sola, accerchiata dai nemici e saltò dietro l’auto di Gerard, che si trovava accanto a lei. Sfortunatamente, la ragazza sbatté contro il pavimento e perse conoscenza.

Yanker capì che se i rapitori fossero morti, lui non avrebbe potuto più trovare il suo bambino e quindi urlò ai suoi uomini: «Cessate il fuoco! Vi avevo detto di non sparare e di coprirmi solo le spalle!»

I soldati di Yanker adesso si trovavano dietro la sua macchina ed obbedirono al suo ordine.

Il politico mise le mani in alto e si avvicinò verso Orfeo e Karl, che si trovavano alla sua destra.

«Uscite pure, nessuno vi sparerà! I miei uomini dovevano solo controllare che tutto andasse bene. Troviamo un accordo e ridatemi mio figlio. Nessuno deve morire, oggi!»

Allora Karl disse ad Orfeo: «Vai e chiedili la lista di quelli che hanno partecipato all’omicidio della tua ragazza, poi gli ridaremo il bambino. Questo è il momento adatto.», ma il ragazzo sapeva di non poterlo fare, per via del patto stipulato con Albert, perciò rispose: «Ho un’idea migliore.» e poi uscì dal suo nascondiglio con le mani in alto.

Orfeo si avvicinò a Yanker, ma all’improvviso l’afferrò per la gola e lo mise come scudo tra il suo corpo ed i soldati.

Tutte le guardie uscirono dall’ombra, con i fucili puntati su Orfeo.

Karl stava guardando la scena dal proprio nascondiglio, mentre Gerard non sapeva cosa fare, perché era paralizzato dalla paura.

Orfeo sussurrò a Yanker: «Dici ai tuoi uomini di lasciarci andare. Troveremo un posto tranquillo e tu mi dirai quello che voglio sapere, così tu e tuo figlio potrete tornarvene a casa. Altrimenti ti spezzerò il collo ed il mio compagno ucciderà tuo figlio.»

Yanker pensò: “Mi ucciderà sicuramente, però devo assolutamente salvare il mio bambino!”, allora urlò ai suoi soldati: «Abbassate le armi e lasciateci andare via!»

I soldati eseguirono gli ordini ed indietreggiarono, così Orfeo lasciò la presa ed entrò nell’auto di Yanker, insieme a lui. Il ragazzo aiutò Karl ad entrare in macchina e poi partì a tutta velocità verso il sentiero del bosco, facendo perdere le sue tracce.

Sfortunatamente, Karl ed Orfeo non si erano accorti che Amanda non era riuscita a fuggire con Achille.

Mentre sentiva i soldati nemici che discutevano, Gerard vide che a pochi metri da lui c’era Amanda svenuta.

«Amanda, alzati!» sussurrò, ma vide che la ragazza non rispondeva.

“No! Che cosa ho fatto?”.

L’informatico si rimise in piedi e corse verso la sua amica, facendo attenzione a non farsi vedere dai nemici.

Gerard vide che Amanda aveva una brutta ferita alla testa e le disse: «Non temere, ti porto via da qui!», poi aprì lo sportello posteriore lentamente, per non fare rumore, e stese la sua amica sui sedili. Ma lo sportello del guidatore si trovava dall’altro lato e per raggiungerlo sarebbe dovuto passare davanti ai soldati nemici.

“Posso farcela, sono distratti e non sanno che siamo qui.”, si disse Gerard per caricarsi, ma quando avrebbe dovuto alzarsi e correre, sentì le gambe che gli tremavano.

“Non ci riesco. Sono troppo pesante, mi sentiranno sicuramente. Non posso neanche passare dal lato del passeggero, per via della mia stazza.”, però l’informatico trovò il modo per farsi coraggio.

“Amanda ha bisogno del mio aiuto.”

Gerard uscì lentamente dal suo nascondiglio, coperto dall’oscurità del posto e raggiunse lo sportello del guidatore. Riuscì ad entrare, ma quando accese la macchina, i soldati sentirono il rumore del motore ed iniziarono a sparargli contro. L’informatico riuscì a fuggire da quel vecchio distributore abbandonato, portando in salvo Amanda.

Orfeo, intanto, stava conducendo Karl e Yanker in una proprietà che si trovava dall’altro lato della città, dove avrebbe potuto interrogare il politico senza interferenze.

“Tutto è andato secondo i piani. Finalmente mi farò dire i nomi degli assassini di Angela!”

Karl capì che la strada intrapresa non era quella verso il magazzino e pensò: “Dove ci sta portando? Che cosa ha in mente?”, poi chiese al suo alleato: «Hai un posto sicuro dove andare?», e lui rispose: «Ho un rifugio sicuro dove potrò parlare con il nostro amico senza interferenze. Vedrai che ci dirà tutto!»