L’ultima missione – capitolo V: il guerriero

La mattina seguente Orfeo e Tom andarono nel municipio, per vedere come stava Albert. Si accorsero che ora l’edificio era presidiato dai militari di Marcus e non dalla squadra di Tom, ma entrarono comunque.

I due ragazzi salirono fino all’ultimo piano ed andarono davanti alla porta dell’ufficio del loro amico, ma non videro nessuno, nemmeno la segretaria. Dopo pochi secondi, però, la porta si aprì e udirono una voce che diceva: «Entrate, vi stavo aspettando.»

Orfeo e Tom varcarono la soglia della porta e videro il loro amico seduto sulla sua poltrona, con la testa fasciata e con un ematoma sul volto.

«Siamo passati a vedere come stai.» disse Tom

«Ieri non ci hanno lasciato entrare nella tua stanza, cosa è successo?» chiese Orfeo.

Allora il governatore sollevò lo sguardo dalle carte che stava compilando e rispose: «Dei terroristi del quartiere Scorpion sono riusciti ad entrare qui, tramite una via d’accesso che conoscono solo le guardie. Uno degli uomini che dovrebbe proteggermi ha complottato contro di me. Da oggi la sicurezza dell’edificio è affidata esclusivamente agli uomini di Marcus. Tom, tu e la tua squadra vi occuperete solo dei rifiuti da eliminare, perché se ne sono accumulati troppi negli ultimi tempi…»

Albert si alzò in piedi e continuò: «Ieri avevo bisogno di voi e non c’eravate. Se non fosse stato per Marcus sarei morto. Adesso dovete fare una scelta: o ve ne andate o restate qui e mi giurate la vostra lealtà!»

Tom ed Orfeo si guardarono e non sapevano cosa fare.

Il capo delle guardie rimase nella stanza, mentre Orfeo disse: «Sai che ti sono leale, ma ormai mi sono ritirato e non posso partecipare a questa guerra.»

Allora Albert rispose all’amico: «Se adesso uscirai da quella porta, non potrei più tornare; se resterai, ci aiuterai a distruggere Yanker e tutti i suoi uomini!», ma Orfeo guardò negli occhi il governatore e gli disse: «Mi dispiace, non posso farlo!», dopodiché gli dette le spalle ed uscì dal suo ufficio.

Quando la porta si chiuse Tom ed Albert rimasero all’interno, in silenzio, dopo aver visto il loro amico andarsene. Il governatore tornò a sedersi sulla sua poltrona e disse: «Abbiamo un problema. Se Orfeo si dovesse alleare con Yanker, noi non avremmo più speranze!»

«Sai che non lo farebbe mai: non è un traditore.»

«Non lo farebbe mai volontariamente, ma sai bene che Angela è il suo punto debole, così come la famiglia è il tuo. Io non ho queste debolezze.»

«Eppure stando al racconto di Melissa hai rischiato la vita per salvarla!»

Il governatore si sistemò la cravatta, si guardò allo specchio e poi rispose: «Ho commesso un errore che non accadrà più. Non rischierei la vita nemmeno per te ed Orfeo, che siete stati i miei migliori amici.», e dopo aver pronunciato queste parole, Albert fece un cenno con la testa all’alleato, per indicargli di tornare al suo lavoro.

Tom uscì dalla stanza molto preoccupato.

“Non può parlare seriamente, non sarebbe da lui!”

Intanto Orfeo stava camminando per strada, mentre rifletteva sulla scelta fatta.

“Io sono nato per combattere, mi sono addestrato per tanti anni, solo per essere il migliore, ho fatto tanti sacrifici ed ora che c’è la battaglia più importante della mia vita mi sono ritirato. Angela dice che potrei aiutare lavorando in ufficio, ma ci morirei dietro una scrivania. Ho fatto tutto questo per lei, per essere l’uomo capace di renderla felice, perché quella è la cosa più importante per me. Albert, invece, vive per fare carriera; è sempre stato così. Non può capire cosa significa rinunciare a qualcosa per una persona. Se Valerio non mi avesse fatto aprire gli occhi avrei perso Angela e sarei stato condannato ad una vita infelice. Sono sicuro di aver fatto la scelta giusta!”

Orfeo si stava dirigendo verso la sua casa, quando vide un gruppo di quattro persone che stava derubando un pover’uomo. Il ragazzo si fermò a guardare senza fare niente, perché aveva promesso di non combattere più. Orfeo poteva sentire le minacce che quei criminali stavano facendo alla loro vittima, ma non gli interessava. Uno di quegli uomini estrasse un pugnale e colpì il povero malcapitato, sotto lo sguardo freddo e distaccato del ragazzo.

I criminali notarono Orfeo e si avvicinarono, accerchiandolo. Il loro capo disse: «Dacci il tuo orologio e non ti faremo nulla. Reagisci e farai una brutta fine.», allora il ragazzo si sfilò il prezioso orologio, che gli era stato regalato dai suoi genitori, e lo consegno ai criminali.

«Dacci anche il tuo portafogli!» aggiunse uno di loro.

Orfeo prese il portafogli dalla tasca interna del suo giubbotto, tolse la foto di Angela che portava sempre con sé e consegno l’oggetto desiderato ai suoi aggressori. Perciò, quei criminali se ne andarono senza aggredirlo.

Dopo quello spiacevole incontro il ragazzo tornò a casa, ma vide che Angela non era ancora tornata, allora si mise a curare il suo orto.

“Avrei potuto ucciderli tutti, ma ho promesso ad Angela che non avrei più combattuto.”, continuava a ripetersi Orfeo. Lui sapeva di aver commesso un errore, però non poteva infrangere la promessa fatta.

Poco prima del tramonto Angela tornò a casa e trovò il suo futuro sposo che curava l’orto. La ragazza si avvicinò per parlargli.  «Orfeo, oggi nel negozio in cui lavoro hanno aggredito un uomo. Secondo la polizia è stato un evento casuale, ma io conoscevo quell’uomo, perché era un cliente abituale. Lui era una delle guardie del governatore, uno di quelli che un tempo lavoravano per te. Quelle persone lo hanno ucciso.»

Allora Orfeo posò gli attrezzi e rispose mentre si puliva le mani: «L’importante è che tu stia bene.»

«Quei criminali hanno commesso un’ingiustizia, dovrebbero pagarla. Stanno rovinando la nostra città!»

«Angela, quei criminali faranno una brutta fine, perché presto i soldati di Tom riusciranno a trovarli. Quando è un soldato a morire, i suoi compagni diventano dei cacciatori infallibili e sono capaci di trovare ogni minima traccia. Quelle persone sono condannate. La nostra città, invece, è stata rovinata dai politici e dalle loro parole. Gli uomini come Yanker sono quelli che rovinano Raliteb.» e dopo aver parlato, Orfeo prese la mano della sua futura sposa e la condusse in casa. Il ragazzo la portò in cucina, dove aveva preparato una cena per lei.

Angela rimase molto sorpresa, non si aspettava un simile gesto.

«Quando saremo sposati sarà sempre così!» disse Orfeo.

«Hai messo anche le candele e le rose sul tavolo. Non dovevi fare tutto questo, chissà quanto tempo avrai sprecato.», rispose Angela al suo futuro sposo, che le sorrideva.

I due ragazzi iniziarono a cenare e rimasero in silenzio per tutto il pasto. Quando ebbero finito, però, Angela disse: «Stavo pensando un cosa… potresti tornare a lavorare con i tuoi amici, solo finché l’emergenza non sarà terminata.»

«No, ormai mi sono congedato. Poi questa situazione potrebbe andare avanti ancora per molto tempo. Albert è ben lontano dal riportare la situazione sotto controllo. Avrebbe bisogno di un atto di forza per spaventare i nemici.»

Allora Angela, dopo aver ascoltato queste parole, prese la mano di Orfeo e gli disse: «Tu puoi aiutarlo. Sei il miglior soldato della città. Tutti sanno cosa sai fare e se ti schiererai dalla parte di Albert, nessuno oserà sfidarlo. Non puoi nasconderti mentre i tuoi amici hanno bisogno di te.», però il ragazzo interpretò male le parole della sua amata e tirò indietro la mano.

«Nascondermi? Credi che io mi sia congedato per paura? L’ho fatto per te, perché era quello che volevi. Stavi per andartene, perché dicevi di non poter tollerare il mio lavoro e quello che c’era intorno. Io ho rinunciato a tutto per te e tu credi che mi stia nascondendo? Forse sarebbe stato meglio se ti avessi lasciata andare!» e dopo aver parlato, Orfeo prese la sua giacca, si alzò in piedi ed uscì dalla porta, mentre Angela continuava a chiamarlo dicendo che era dispiaciuta per ciò che aveva detto.

Orfeo uscì dalla sua proprietà ed iniziò a camminare senza una meta, sotto il cielo stellato di Raliteb. Era furioso e continuava a pensare: “Mi sono sacrificato tanto per lei, eppure non le interessa. Non desidero altro che renderla felice, ma non lo apprezza. Forse ho sbagliato a farla restare qui; altrove sarebbe stata al sicuro ed avrebbe vissuto una vita felice.”

Dopo aver percorso molta strada, il ragazzo entrò nel solito bar e si fermò per bere qualcosa. Si avvicinò al bancone ed ordinò una birra.

«Problemi con Angela?» chiese il barista, che conosceva bene il ragazzo.

«Abbiamo litigato.» disse Orfeo mentre scuoteva la testa.

«Ricordo ancora il nostro primo caffè insieme, era proprio in questo bar, lo stesso posto in cui l’ho conosciuta. Lei vide che ero seduto al tavolo in fondo al locale e venne a parlarmi. Mi disse: “Non ti ho ancora ringraziato per avermi difesa, l’altra sera. Posso sdebitarmi, offrendoti qualcosa da bere?” ed io le feci cenno con la testa, affinché si sedesse. Nemmeno iniziammo a parlare, che il governatore mi chiamò, allora dovetti alzarmi e correre in municipio. Vidi dal suo volto che ci era rimasta male, perciò le dissi: “Quando finirò di lavorare, verrò a cercarti io.” e poi uscì dal locale.»

Mentre beveva, Orfeo sentiva il suo telefono squillare in continuazione. Angela stava provando a chiamarlo.

La ragazza si sentiva terribilmente in colpa per quello che aveva detto.

“Non volevo offenderlo. Volevo solo convincerlo ad aiutare i suoi amici. Lo so che ha lasciato tutto per me. Ma come ha potuto dire quelle cose?” e mentre si ripeteva queste parole, Angela piangeva.

Ormai era notte fonda ed Orfeo era appena uscito dal bar per tornare a casa. Stava iniziando a piovere ed il ragazzo non aveva un ombrello: fino a quel momento c’era stato un cielo sereno e stellato.

Adesso Orfeo si era calmato: “Sono stato uno stupido a dirle quelle cose. Voglio scusarmi subito e spero che lei mi perdoni.”

Il ragazzo provò a telefonare alla sua futura sposa, ma lei non rispondeva, allora le lasciò un messaggio in segreteria: «Angela, volevo chiederti scusa per prima. Non pensavo davvero quello che ho detto. È solo che mi sto impegnando veramente per essere l’uomo perfetto per te, ma non ci sto riuscendo. Se ti avessi lasciata andare, non so cosa avrei fatto. Ti amo, Angela, e lo farò fino alla fine!»

Orfeo decise di affrettarsi a rientrare, perché era impaziente di parlare con la sua amata. Ormai non desiderava altro che scusarsi per quello che aveva detto.

Mentre percorreva la strada verso casa il ragazzo notò che c’era molta gente per strada, allora si insospettì e chiese ad un passante: «Cosa è successo?»

E quell’uomo rispose: «Pare che alcuni uomini abbiano saccheggiato le case dei residenti, però fortunatamente non ci sono state vittime.»

Orfeo allora corse verso casa sua per assicurarsi che la sua Angela stesse bene.

Quando giunse all’ingresso della proprietà si accorse che c’erano molte auto della polizia e dei pompieri. Il ragazzo tentò di entrare, ma venne bloccato da alcuni agenti.

«Non può entrare signore, il piano superiore è in fiamme e potrebbe essere pericoloso.»

Allora Orfeo spinse via quell’uomo e disse: «La mia ragazza potrebbe essere ancora là dentro!» e corse verso l’entrata, ma sette agenti lo bloccarono.

Il ragazzo urlò: «Lasciatemi andare!» e poi reagì ed iniziò a colpire i poliziotti, ma uno di loro estrasse il manganello e lo colpì alla gamba, facendolo cadere. Così, quando cadde, uno degli agenti gli disse: «Non può entrare, sono incorso delle indagini! Quella è una scena del crimine!», allora il giovane chiese: «Quale crimine?», poi si voltò verso la casa ed urlò con tutta la voce che aveva: «Angela!».

I poliziotti erano riusciti ad immobilizzarlo, quando Orfeo vide la porta di casa sua che si aprì e da lì vide uscire una ragazza bionda con una mascherina. Il ragazzo iniziò a sorridere e si alzò in piedi, per correre incontro alla sua amata. Però si accorse che quella persona era un pompiere e non Angela.

I poliziotti stavano per ammanettare Orfeo, ma sentirono: «Lavoro per il governatore e vi ordino di lasciare subito andare quell’uomo!», allora tutti gli agenti lasciarono andare il ragazzo.

Orfeo si voltò e vide che c’era Tom in divisa. Corse dentro la casa, mentre il suo amico gli chiedeva di fermarsi.

Il ragazzo entrò e vide che al piano inferiore non c’era nessuno, così corse sulle scale, diventate nere a causa dell’incendio.

Orfeo corse fino alla porta della camera da letto e mentre stava per aprirla sentì dire da Tom: «Non farlo! Non entrare in quella stanza.».

Il ragazzo si voltò verso il suo amico e con gli occhi pieni di lacrime e gli chiese: «Che è successo? Dov’è Angela?»

Tom guardò negli occhi il suo amico e pensò: “Lo conosco da tutta la vita, ma non l’avevo mai visto tremare in questo modo!”, poi abbassò lo sguardo ed esitò a rispondere alla domanda dell’amico.

Orfeo capì cosa significasse quell’esitazione, allora aprì la porta ed entrò. Il ragazzo vide che sul letto c’era il corpo carbonizzato di Angela e cadde in ginocchio.

Tom gli si avvicinò da dietro e gli mise una mano sulla spalla, ma rimase in silenzio perché non sapeva cosa poter dire per consolare il suo amico.

Dopo pochi istanti arrivò correndo anche Albert, che rimase bloccato sull’uscio della porta, dopo aver visto la scena.

Orfeo si alzò in piedi e si avvicinò al letto, così vide che la sua amata Angela aveva ancora al collo le sue piastrine, che lui stesso le aveva regalato. Il ragazzo provò a prendere quelle piastrine e notò che erano fredde, allora capì che qualcuno le aveva messe dopo aver bruciato quel corpo e la speranza illuminò i suoi occhi.

Orfeo corse giù per le scale e scese nel seminterrato, perché aveva sempre detto ad Angela di nascondersi lì in caso di pericolo, per via della porta blindata.

Il ragazzo vide che la porta era chiusa, digitò il codice di sicurezza per aprirla e mentre lo faceva aveva un’espressione di felicità dipinta sul volto.

Appena la porta si aprì, Orfeo vide la sua amata Angela, morta. Qualcuno le aveva legato le mani e le aveva sparato.

Subito scesero anche Tom ed Albert, che speravano di assistere ad una scena diversa, ma dovettero assistere al loro amico che stringeva piangendo il corpo della donna da lui amata.

Albert si avvicinò al suo amico e gli disse: «Ti giuro che troveremo chi è stato!» ed anche Tom, che era rimasto sull’uscio della porta, gli disse: «Io ed i miei uomini non avremo pace finché non avremo trovato il colpevole!»

Orfeo rispose agli amici, senza distogliere lo sguardo dal corpo di Angela: «I vostri soldati dovevano essere di guardia alla casa, quando me ne sono andato c’erano ancora. Scommetto che quello bruciato è uno dei vostri. Sarò io stesso a trovare quelli che hanno… E quando li troverò, mi pregheranno di ucciderli.» e mentre parlava, nella sua mano destra stringeva le piastrine, che aveva regalato ad Angela pochi mesi prima… Quando sembrava potesse esserci il lieto fine.

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